Inclusione.

Negli ultimi report e studi questo termine cominciava già ad aleggiare come fattore preponderante nel mondo beauty. Un trend che nel 2020, sulla scia del caso Floyd -l’afroamericano 46enne morto soffocato durante l’arresto a Minneapolis – e le successive e violente ondate di proteste anti razziste come il movimento #BlackLivesMatters, diventa realtà e, in molti casi, un passo obbligato o un must to have. 

L’idea di mettere in discussione quello che era tradizionalmente inteso il diktat della bellezza aveva già iniziato ad animare e suscitare le opinioni del pubblico dei social, specie quello di Instagram. Recentemente difatti erano insorte parecchie indignazioni riguardo quei filtri IG che simulano gli effetti della chirurgia estetica e forniscono un’immagine artefatta della realtà. Così, proprio poco tempo fa, una delle prime  azioni di ribellione si è manifestata con Kasia Smutniak e il lancio del suo filtro, ispirato alla  vitiligine

In questo contesto si inserisce l’ultima presa di posizione del gruppo francese, leader nella cosmetica, L’Oreal. Stando a quanto annunciato in un comunicato stampa alla BBC, il gruppo ha dichiarato di voler eliminare dalla descrizione sui contenitori dei propri prodotti parole come “sbiancante” e “chiaro”.

“Il gruppo L'Oréal ha deciso di ritirare le parole bianco/sbiancante (white/whitening), chiaro (fair/fairness, light/lightening) da tutti i prodotti destinati a uniformare la pelle” 

Tuttavia, altre informazioni riguardanti un eventuale ritiro dei prodotti in vendita dal commercio non sono state ancora fornite.  

Insomma anche L’Oréal si inserisce in un trend innescato anche da altre realtà. Ad esempio è della filiale indiana del gruppo Unilever la scelta di ribattezzare la sua crema sbiancante per la pelle commercializzata con il nome di “Fair & Lovely”, aggiungendo che non utilizzerà più la parola Fair in quanto  “impegnata a celebrare tutti i toni della pelle”

Per concludere, poco a poco, stiamo iniziando a vedere il tramonto di tutti quei ideali estetici che finora erano venerati come canoni di bellezza a cui aspirare. All’opposto invece sorge la necessità di cambiare direzione e muoversi verso una bellezza più inclusiva, finalizzata a celebrare le diversità ed esaltarne le imperfezioni.